La storia delle campagne ha incontrato in quest'ultimi decenni notevole fortuna nella storiografia italiana ed europea e particolarmente ciò è avvenuto per l'ambito medievale che ha visto mobilitarsi al suo indirizzo un numero insolito di ricercatori. Che l'interesse di quest'ultimi per tale argomento non abbia atteso il periodo indicato per manifestarsi è cosa ben nota. In Italia, fin dagli inizi del Novecento paesaggi, insediamenti, società contadina fecero il loro ingresso nel campo d'osservazione degli storici, ma certo bisognò attendere il secondo dopoguerra, e particolarmente gli anni Sessanta, per veder maturare un clima storiografico nuovo, dal quale originò la proficua stagione di studi storico-agrari sopra richiamata; com'è stato recentemente osservato, solo allora per tali studi si ebbe «il passaggio dall'analisi più propriamente storico-giuridica a quella storico-economica e storico-sociale»,' ciò nel quadro di un rinnovamento scandito, a livello europeo, dalla pubblicazione di opere di rilievo primario, quali quelle di Grand e Delatouche (1950), di Duby (1962) e di Slicher van Bath (1962).2 È da aggiungere che sul versante italiano, a pesare sul nuovo orientamento delle ricerche fu anche (soprattutto?) la vicenda sociale ed economica che proprio negli anni Cinquanta-Sessanta si dispiegava portando allo spopolamento delle campagne e all'inurbamento di masse crescenti di lavoratori attratti dalla prospettiva di un lavoro in fabbrica o, comunque, di una "sistemazione" cittadina che li liberasse dalla miseria della vita rurale. Crisi e trasformazione posero allora «l'economia agricola ... sotto la lente del microscopio politico» 3 e stimolarono gli storici all'approfondimento delle vicende (anche lontane) di un mondo, quello contadino, giunto ad una svolta epocale.