I protagonisti dei giorni « che sconvolsero il mondo» — Lenin, Trozkij, Stalin — sono tutti morti : la sola eccezione è Aleksandr Kerenskij, oggi ottantaseienne. Quanti amano riesaminare i grandi eventi storici attraverso le testimonianze di chi li provocò e li visse possono trovare solo nelle Memorie di Kerenskij un’opera che dia, sulla drammatica rivoluzione del ’17, particolari sin qui inediti e interpretazioni, quand’anche di parte, approfondite e originali.
Aleksandr Kerenskij fu, volta a volta, « un assassino » nel giudizio dei partigiani dello zar, un « traditore della rivoluzione » per i bolscevichi, un « militarista » per i soldati che disertavano le bandiere nell’ultima fase della guerra mondiale. Fu anche, nel tacitiano e rispettoso giudizio di Winston Churchill, « l’uomo che la storia ha trattato più duramente di ogni altro ». Lo avversarono da destra e da sinistra; dall’una parte e dall’altra frapposero alla sua azione tanti ostacoli che è lecito stupirsi non tanto del crollo del suo governo quanto del fatto, semmai, che esso abbia potuto reggersi per un certo tempo.