La civiltà sublimata in un panorama d'inferno.
Una galleria trionfante di architetture dell'inconscio e dei media confuse in un bosco onirico che fa da palcoscenico alle icone disincarnate dei personaggi pubblici.
James G. Ballard ha descritto in questo libro l'apocalisse dell'occidente industrializzato. La mostra delle atrocità è esauriente e casuale come un quadro di Max Ernst, pornografica come l'ossessione di realtà di un documentario scientifico.
Vi troverete l'attentato di Dallas a John F. Kennedy; la predizione poi avveratasi dell'elezione di un mediocre attore di Hollywood, Ronald Reagan, a presidente degli Stati Uniti; Marilyn Monroe vista come permanenza spettrale del desiderio e poi Mae West e Greta Garbo, la principessa Margaret e la regina Elisabetta, Jacqueline Kennedy e Satana Manson, Malcom X e Fidel Castro, Albert Camus e Francis Bacon, Freud ed Euclide... tutti riuniti in un vortice di umana crudeltà raccontato con la perizia asettica di un chirurgo.
Al suo apparire nel 1970 La mostra delle atrocità era il devastante canto di morte della nostra civiltà, oggi documenta della sua ostinata sopravvivenza a se stessa.
L'opera che ha consacrato Ballard autore di culto, formidabile visionario, profeta dei destini del mondo.
Un'opera totale che fonde la forma del romanzo, le cadenze del saggio e uno straordinario apparato di note, ricco come un romanzo nel romanzo, come una lucida summa delle icone della contemporaneità.
Protagonista un uomo dal carattere sfaccettato e dai molti nomi (Travis, Talbot, Traven, Tallis, Talbert, Travers), e intorno (o dentro di lui?) un universo stravolto e artificiale: celebrità anatomizzate, fantasie oniriche e libere associazioni, crudeltà e pornografia, civiltà e inferno.
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