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Dal villaggio contadino ai collegi, dall'iniziazione comunista nella cittadina di confine — siamo nell'immediato dopoguerra, in quella striscia di terra che oppose Italia e Jugoslavia - all'euforica Trieste degli alleati, dalla Belgrado bohémienne alla Lubiana dei cineasti, fino all'ultimo rifugio nella terra natale, italiana e slava, cattolica e pagana, padronale e proletaria, dove tuttavia è ormai scoccata l'ora dell'esodo, e al piccolo "eroe” non resterà, prima di unirsi agli altri, che trarre il bilancio delle proprie sconfitte. Ecco la lunga diaspora di Stefano Marcovich, protagonista de L'albero dei sogni, esasperata autobiografia di un adolescente alle prese con avvenimenti, idee e sentimenti che da qualsiasi parte li guardi tendono inevitabilmente alla divaricazione, al dramma, al conflitto derivante dalla consapevolezza di avere comunque tradito. Città e campagna, comunismo e cattolicesimo. la tradizione paterna e la nuova cultura: Stefano cresce e matura dentro queste lacerazioni, tentato continuamente dalle verità che crede di intravvedere, e continuamente contraddetto dai fatti, dalle idee, dai sentimenti, che finiscono per caricarlo di rimorsi e sensi di colpa.