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TRAMA
Agitato da astratti furori per "il genere umano perduto” Silvestro Ferrato, in seguito ad una lettera del padre che gli confessa di aver lasciato la madre per un’altra donna, decide di prendere un treno da Milano per tornare nel paese natale, in Sicilia. Il ritorno alla terra d’origine, sentita come mitica, trasfigura il passato in presente e viceversa, attraverso la coscienza universale del dolore per il mondo offeso. Tra fichidindia e montagne sperdute, la "piccola Sicilia ammonticchiata di nespoli e tegole” soffre, per la fame o per le malattie; soffre la madre Concetta, soffre il Gran Lombardo, portavoce di "nuovi alti doveri” che spettano agli uomini, soffre l’arrotino Calogero. E’ il dolore perenne del mondo che anima le pagine forse più sentite dell’autore, attraverso la suggestione di una parola che si fa poesia.
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